In bicicletta fra Talamone e Fonteblanda. Toscana, Italia. |
Al mare in Toscana. La sponda meridionale del Mediterraneo dista da qui qualche chilometro in più rispetto alla distanza che la separa dalla Sicilia, o dalla Calabria o dalla Campania. Ma è pur sempre un posto vicino. La Libia è molto prossima all’Italia. E se la metafora – in questo frangente – non fosse di pessimo gusto, si direbbe che quel paese è a un tiro di schioppo da questo.
Giungono da lì brutte notizie. In questo momento, mentre imbratto amenamente questa pagina, in Libia uomini e donne perdono la vita, a decine, e centinaia, travolti dal turbine ormai incontrollabile che ha scosso il regime di Gheddafi fino a farlo crollare. Una bufera che è un tassello della cosiddetta Primavera Araba di cui nei mesi passati, qui in Occidente, si è fatto un gran parlare. A proposito, ogni tanto, ma più sovente a sproposito. E di cui adesso nessuno sa più nulla. Alla primavera, si sa, segue l'estate, che - da che mondo è mondo - è stagione quanto mai calda. Forse la stagione che ha preceduto questa estate era solo un pretesto per (ri)guadagnarsi quel caro vecchio posticino al sole. Per mettere cioè le mani, ancora una volta, su un paese ricco di materie prime e povero di fortuna. E in questo, per sua sventura, la Libia è sempre stata vicinissima all’Italia.
Oggi qui in Toscana è stata una bella giornata di mare. Un po’ ventosa, non troppo calda, come si addice all’agosto che si chiude. Tornando a casa, in bicicletta, respiravo l’aria pulita di fine estate. Il frullare sornione della catena e dei pedali, e forse il rullare delle ruote sull’asfalto, mi hanno messo voglia di scrivere di viaggi e di fotografia. La foto qui sopra riflette un momento spensierato di questo tardo pomeriggio.
Ma no: giornali e telegiornali non fanno che parlare di atrocità, e le attribuiscono puntualmente ai lealisti del raìs. Dove la parola raìs è usata quasi come beffa o sberleffo, e dove lealisti sono – è chiaro – i cattivi. Del dittatore Mu’ammar Gheddafi e dei suoi seguaci, delle sue amazzoni e del suo circo siamo stati alleati fino a pochi mesi fa. Ora l’aria è cambiata ed eccoci qua, a condannare i crimini e a cercare pretesti per mettere più che mai le mani su quel paese. I lealisti sono feroci perché massacrano. I nostri aerei invece no: sganciano bombe caricate a fiori, caramelle e democrazia.
No. Oggi non me la sento di occupare questo spazio con poco utili vaneggiamenti sull’arte e sul lusso di andarmene in giro per il mondo. Questo mondo ha bisogno di giustizia. E lo sciagurato Occidente ancor più, oltre che di profonda autocritica. Oggi più che mai.
Disco del giorno: Daniele Sepe, Anime candide.
Natalino Russo, Talamone (Toscana).
Disco del giorno: Daniele Sepe, Anime candide.
Natalino Russo, Talamone (Toscana).
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