Mangalavite, Servillo e Girotto. Orbetello, fine agosto 2011 |
Ma il genio musicale di Javier Edgardo Girotto e Natalio Luis Mangalavite è sufficiente a farmi piacere anche questo. (Tra l'altro, tanto per aggiungere una nota di personale sentimentalismo, Mangalavite si chiama quasi come me e mio fratello messi insieme). E Peppe Servillo è davvero magico. Lo seguo da anni. Lo ascolto in macchina, a casa, in viaggio. Lo ho citato anche nel mio primo libro sul Cammino di Santiago. Non soltanto perché è casertano come me, ma perché ha la lacrima di Pierrot e la drammaticità di De Filippo, la sagoma di Totò che è poi la sagacia di chi la sa lunga, il genio di Napoli e la vita vissuta di Caserta, la musica e la voce e l'anima di una persona che sa vedere e raccontare il mondo. Dentro le sue vene, ne sono sicuro, scorre un sangue speciale.
Rileggo quello che ho scritto e noto che - ohibò - qualche rigo fa, proprio qui sopra, mi sono definito Casertano. Lo confesso: è la prima volta. Solitamente ho rifuggito, dribblato, evitato discretamente questa definizione. Mi sono detto sannita, matesino, caiatino, napoletano, in qualche rara occasione, sforzandomi, ho ammesso di essere volturnino o alto-casertano. Ma mai così: semplicemente Casertano.
Ora è come se avessi ritrovato un'identità perduta, quella dell'infanzia e del tempo passato nella terra che amo. E il piacere di dichiararlo a testa alta, con dignità e fiducia nel futuro. Sembra una sciocchezza, ma per chi è nato in quella terra non è cosa da poco. Lo devo a Peppe Servillo.
Qui libri e musica.
Natalino Russo, Orbetello.
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