22 maggio 2011

Cave of forgotten dreams

Herzog al lavoro (foto: gentile concessione del Trento Filmfestival)

CAVE OF FORGOTTEN DREAMS
Regia di Werner Herzog
95' - Stati Uniti/Francia, 2010


Ho assistito alla prima italiana del film, ospite del festival di Trento. Herzog è un maestro, e una sua prima valeva già il viaggio. Trattandosi di grotte, poi, vi lascio immaginare le aspettative.
Dico innanzitutto che il film mi è piaciuto molto. È quasi interamente ambientato all'interno della famosa grotta Chauvet, la cui visita è riservata solo a pochissimi studiosi. La particolarità di questa grotta sta nel fatto che un crollo ne ha occluso quello che oltre 30 mila anni fa era l'ingresso principale, sigillando al suo interno le più antiche pitture conosciute. Sono in gran parte figure di animali, in qualche caso umane, dallo stile incredibilmente moderno: trasmettono un senso di movimento che prima della scoperta era sconosciuto nella pittura preistorica. Con l'esplorazione di questa grotta, avvenuta solo nel 1994, la rappresentazione del figurativo nella storia dell'arte ha fatto un balzo indietro di molte migliaia di anni. E guardando il film l'emozione fa un balzo in avanti: gli autori di quelle opere sono autentici precursori del cinema.

Herzog si cimenta nella tecnologia 3D e ce ne fa finalmente apprezzare l'utilità. Indossati i famosi occhialini, lo spettatore parte da una vigneto dell'Ardèche e si alza a volo d'uccello sul canyon, raggiunge una cengia calcarea e si addentra in un luogo inaccessibile. Ed è un bel viaggio, accompagnato dalla calda voce narrante dello stesso regista, che col suo familiare accento tedesco racconta la scoperta, l'esplorazione, lo studio e la tutela del tesoro di Chauvet. Ci sono interviste a ricercatori e archeologi, ma anche a speleologi. Spassosa la scena in cui si vede un anziano signore aggirarsi per un bosco e annusare le fenditure della roccia.
Per professione, il tale inventa profumi (siamo pur sempre in Francia), ma per diletto cerca grotte. E ha pensato bene di cercarle fiutandole.

A causa delle restrizioni di accesso alla grotta, il film è stato girato in poco tempo, utilizzando soltanto attrezzature leggere. Tuttavia alcune scene all'interno della grotta sono bellissime, girate nello stile asciutto di Herzog. Il testo ha qualche calo di originalità quando tocca temi più propriamente speleologici (il buio, il silenzio, lo stillicidio, le concrezioni), ma in generale è gradevole, dotto e al tempo stesso ironico.
Contiene la giusta dose di informazioni: tante da appassionare e incuriosire, non tante da annoiare nonostante la lunghezza.

In sintesi: clap clap.

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