Una strada nel sud della Tunisia |
In un post di circa un mese fa guardavo ai fatti della Tunisia e pensavo alla sorte di persone conosciute laggiù durante un recente viaggio in cerca di grotte. Mi domandavo che direzione stessero prendendo, quelle persone e il loro paese, con la protesta che montava.
Nel volgere di pochi giorni la protesta si è trasformata in rivoluzione: ha spazzato via i regimi del tunisino Ben Ali e dell’egiziano Mubarak, si è estesa all'intero Maghreb e ora sta per abbattere Gheddafi. Quel colonnello Gheddafi che il primo ministro italiano Silvio Berlusconi ha accolto con tutti gli onori, baciandogli le mani e assecondandolo nelle sue più bizzarre e pacchiane richieste. E che ancora oggi difende, unico tra i leader europei a non condannare apertamente le violenze di un regime sanguinario, i suoi metodi di repressione della protesta e sterminio dei manifestanti.
L'assetto del nord Africa sta cambiando in fretta, come velocemente cambiò nel 1989 la geografia politica dell'est europeo con la caduta del muro di Berlino. L'Italia era molto legata all'est; lo dimostra il fatto che la politica italiana, provinciale e incapace di leggere i cambiamenti globali, subì smottamenti e riassestamenti che paghiamo ancora oggi. Anzi la scena politica italiana di oggi, inconcludente e misera, è il risultato dell'inadeguatezza culturale di allora.
E gli ultimi vent'anni non hanno portato in questo senso alcuna evoluzione: l'Italia è al centro del Mediterraneo - geograficamente, socialmente e politicamente -, eppure fa finta di stare altrove. Come se ciò che sta accadendo in nord Africa (e soprattutto nella ex colonia Libia) non potesse avere alcun riverbero sulla vita italiana.
La massima preoccupazione del governo di Berlusconi è la possibilità che dalla Libia arrivino in Italia migliaia di rifugiati. Il ministro Bossi si è affrettato a dichiarare che "li spediremo in Europa!". Il ministro La Russa, titolare della Difesa, conferma l'allarme. Come se un paese moderno di sessanta milioni di abitanti avesse qualcosa da temere per l'arrivo di qualche decina di migliaia di rifugiati.
E al di là di questa considerazione, be', dal governo non si è ancora sentita un'analisi politica. Nessuna, di alcun tipo. Forse è troppo preso dai guai giudiziari del capo.
Un mese fa mi domandavo dove stesse andando
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