14 gennaio 2011

Rotpunkt

Fundació Joan Miró, Barcelona. L'uscita sul terrazzo
Nella marea di riviste e quotidiani che inonda le edicole è molto raro trovare qualche pubblicazione che riporti, accanto alle fotografie, il nome dell’autore. È un’abitudine molto italiana, e molto odiosa. Non solo per chi, come me, fa il fotografo per lavoro; ma anche per i lettori, che in questo modo si abituano a considerare la fotografia come una merce di poco valore.

Ho appena finito di sfogliare Internazionale di questa settimana. Bello come sempre, ricco di pezzi che analizzano le questioni più calde del momento, illustrandole con fotografie attentamente selezionate e, soprattutto, firmate.
In Italia i quotidiani e le riviste di informazione che riportano i nomi dei fotografi sono davvero pochi. La maggior parte, quando va bene, si limita ad indicare l’agenzia che ha fornito l’immagine. Ma dietro l’obiettivo, in strada e in giro per il mondo, ci stanno i fotografi, non le agenzie. Sono i fotografi a faticare e talvolta a rischiare. Sono loro che inquadrano e decidono quando scattare, fanno la prima selezione delle immagini realizzate. Dentro ogni fotografia c’è il punto di vista personale del fotografo. Eppure, chissà perché, quasi sempre le foto che vediamo pubblicate sono anonime, o riportano tutt’al più il nome dell’agenzia che l’ha venduta.

La cosa sconcertante è che invece testi e illustrazioni (disegni, caricature, vignette) sono sempre accompagnati dal nome dell’autore. Del resto ve li immaginate i quotidiani e i settimanali pieni di articoli non firmati?

Internazionale è tra le poche riviste italiane a indicare puntualmente i nomi dei fotografi che pubblica. Come mai gli altri non fanno altrettanto? Non sarebbe difficile. Ormai le fotografie sono file jpeg dotati di metadati: data e ora di scatto, didascalia, nome dell’autore, e così via. I file vengono spediti e ricevuti in frazioni di secondo; l’impaginazione si fa al computer. Il testo da riportare in didascalia può essere pescato nei metadati in modo quasi automatico. Perciò fatico a capire: perché si continua a pubblicare fotografie anonime?

Possibile che tra i nostri traguardi ci debba essere la conquista di un diritto così elementare come quello di veder riconosciuta la paternità del proprio lavoro?
In Italia, purtroppo, siamo ancora questo punto.
Che di rosso ha ben poco.

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