29 settembre 2011

Sepe al Maschio

Locanda Atlantide, Roma, 2009

Domani sera il Maschio Angioino di Napoli ospita un gran bel concerto. Daniele Sepe produce da anni autentici capolavori musicali, ha la capacità di mettere insieme musicisti di diverse estrazioni e fare concerti strabilianti. Io non sono un esperto di musica, anzi ci capisco davvero poco. Ma mastico qualcosa di esplorazione. E posso dire che Sepe è decisamente un esploratore accanito del panorama musicale partenopeo, mediterraneo, africano e latinoamericano. Attraversa con curiosità e passione molti generi, li guarda con occhi nuovi, ne traccia disegni inediti, ne ricava una musica personalissima.

Sagace, combattivo e resistente, Daniele si è fatto molti nemici per il disco Fessbuk, Buonanotte al manicomio. Sul suo profilo Facebook ha ammiratori sfegatati e ostili detrattori. Molti lo criticano ferocemente, spesso prendendo a pretesto il linguaggio e l'aspetto formale dei suoi testi. Ma pochi hanno provato ad analizzarne seriamente la sostanza. Certo: Sepe ha posizioni severe e modi un po' bruschi, ma sto ancora aspettando che qualcuno, tra i suoi contestatori, parli di contenuti.


Napoli, Maschio Angioino. Venerdì 30 settembre 2011, ore 21.30. Ci saranno: Doris Lavin (Cuba, voce); Auli Kokko (Svezia, voce); Florin Barbu (Romania, voce e chitarra); Roberto Argentino Lagoa (Argentina, voce, flauti e percussioni); Robertinho Bastos (Brasile, percussioni); Marzouk Mejri (Tunisia, voce e darbuka); Alessandro Tedesco (trombone); Peter Di Girolamo (tastiere); Franco Giacoia (chitarra); Gigi De Rienzo (basso); Daniele Chiantese (batteria) e ovviamente Daniele Sepe ai fiati. Ospiti d'onore Shaone (voce) e la Contrabbanda di Luciano Russo.

Peccato, stavolta, non poterci andare.


Musica del giorno: tutta quella di Daniele Sepe.

Villa Ada, Roma, 2010

Natalino Russo, Roma.

25 settembre 2011

Sporca Italia

Napoli, centro storico, 2010

Una tranquilla domenica di settembre. L'autunno non riesce a mandar via l'estate. Lavoro alternato a riposo. Testi da scrivere e rivedere, foto da sistemare. Qualche pagina di un libro che parla di Berlino. Una tazza di tè.

Poi un giro in bicicletta intorno a Labico, per le colline della campagna romana che precedono i monti Prenestini. Strade tranquille, solo parzialmente asfaltate, costeggiano campi arati a perdita d'occhio. Uno steccato, uno stormo di uccelli. Passa un treno in lontananza. Poi silenzio. Si può udire il rumore delle prime foglie che si staccano dagli alberi.

Peccato per la spazzatura che, autentica piaga di questo paese, invade i fossi e le siepi, le scarpate e i greti dei torrenti. E nessuno la rimuove, da anni. Si sbriciola, si ricopre di terra, si assorbe nel paesaggio naturale e lo degrada lentamente.

La gente è sporca, non c'è dubbio. Ma se è per questo lo è un po' ovunque, anche in altri paesi d'Europa. La differenza è che lì, fuori da questa sporca Italia, non passa un giorno senza che le strade vengano pulite e gli eventuali rifiuti rimossi.

Quindi mi domando: cosa pensano i nostri amministratori? Lo considerano un problema oppure non ci fanno più caso? Anzi: c'è stato un tempo in cui ci hanno fatto caso? Oppure per loro è normale, da sempre, vivere tra scarti e detriti di ogni genere?

Non mi riferisco alle istituzioni, entità astratta e inafferrabile; ma proprio alle persone, quelle in carne e ossa: sindaci, assessori, presidenti, amministratori. Quando passano per queste strade (perché non possono non passarci) non si vergognano?

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Ma anche un po' sulla monnezza.


Libro del giorno: Sul guardare, John Berger.


Natalino Russo, Labico.

17 settembre 2011

Compatte

Faggio, monti del Matese, 2006 (Canon G9)

Fotografo usando macchine reflex fin dai tempi della pellicola, quando tuttavia erano disponibili compatte di qualità. La reflex ha sempre consentito maggior controllo, soprattutto sulla profondità di campo. All'epoca erano disponibili macchine di dimensioni piuttosto ridotte, tra cui le bellissime e solide Nikon FM2 ed FE, l'elettronica e veloce F801s, oppure la minuscola Pentax ME Super o la economica Yashika FX3 Super 2000, che consentiva di usare ottiche Contax.

A quei tempi (solo dieci anni fa!) la differenza la facevano obiettivo e pellicola: in una macchinetta con buone lenti mettevi una buona pellicola e il gioco era fatto. Non era difficile produrre foto eccellenti, adatte alla pubblicazione, anche con fotocamere di piccole dimensioni (ad es. Minox o Rollei) e persino economiche (Yashika T4 Super).

Con il digitale questo non è più vero, o almeno per qualche anno non lo è stato: la pellicola è stata sostituita dal sensore, che non è più cambiabile a piacimento. Siamo quindi costretti a utilizzare accoppiate sensore/obiettivo decise dai produttori. Il sensore è parte del corpo; possiamo cambiare soltanto gli obiettivi. Per stare dietro alle evoluzioni tecniche non basta cambiare obiettivo o pellicola, ma siamo costretti a inseguire i nuovi modelli di fotocamere.
E' un cambiamento di prospettiva totale. E ovviamente in questo nuovo corso i produttori ci sguazzano, sfornano nuovi modelli ogni pochi mesi, spesso aggiungendo o variando pochissimo, e qualche volta addirittura togliendo. Quante volte abbiamo visto modelli più evoluti di quelli precedenti ma magari con qualche pulsante in meno? Chi fotografa per lavoro conosce benissimo l'importanza di un rapido accesso ai controlli (tempi, diaframmi, compensazione EV, blocco AE-L, ISO, compensazione flash, etc). Eppure a volte, nei modelli nuovi, questi controlli vengono ridotti.
In sostanza ogni nuovo lancio sul mercato risponde a logiche di marketing, con la conseguenza che dopo ormai oltre dieci anni di fotocamere digitali non esiste ancora un modello poco ingombrante che sia in grado di soddisfare le esigenze dei professionisti.

Certo, qualche produttore sperimenta vie nuove. Un esempio è la Ricoh GXR, compatta a sistema basata su un corpo fisso sul quale si possono installare diversi obiettivi comprensivi di sensore. In questo modo l'interfaccia della fotocamera resta invariata (corpo principale, controlli, schermo LCD) ed è possibile cambiare obiettivo e sensore. Il rapporto prezzo/qualità non è dei più convenienti, ma si tratta pur sempre di una possibilità interessante.

Dopo un iniziale periodo di assestamento, ormai le reflex digitali consentono di produrre fotografie di qualità eccellente, pari se non superiori a quelle in pellicola. Ma questi apparecchi (e gli obiettivi che richiedono) hanno un ingombro, un peso e un'invasività incompatibili con determinate condizioni di ripresa.
Inoltre il mercato delle reflex di qualità è ormai quasi saturo, e la tecnologia dei sensori per reflex ha ben poco di nuovo da esprimere. Aumentare i megapixel non serve. Aumentare gli ISO fa comodo, ma abbiamo già macchine che producono risultati eccellenti (ad es. Nikon D700 e Canon 5D Mark II).

Viaggi, lunghe camminate, reportage, foto in strada o in montagna sono solo esempi di contesti in cui farebbe comodo poter disporre di macchine piccole e leggere, ma di qualità. Schiena e collo ringrazierebbero.
Leica ha prodotto la M8 e la M9, fotocamere a telemetro che seguono il solco della prestigiosa serie M, ma costano uno sproposito, oltre al fatto che la qualità dei file lascia un tantino a desiderare. O almeno non ripaga dell'investimento.



Che alternative hanno, quindi, professionisti e fotografi evoluti che vogliono lasciare a casa la reflex e utilizzare macchine più portatili?

I produttori si stanno orientando verso un nuovo filone, quello delle macchine compatte senza specchio, le cosiddette mirrorless. Negli ultimi mesi se ne parla molto, soprattutto delle APS-C Sony serie NEX, e delle micro4/3 Olympus Pen e Panasonic Lumix G. Non sono ancora prodotti eccellenti, ma alcuni modelli consentono discreti controlli di ripresa, perciò stanno suscitando una certa curiosità tra i professionisti.
Ne parleremo presto su questo blog.

Restano le cosiddette compatte evolute, che negli ultimi anni, pur restando lontane dalla qualità richiesta nel mondo professionale, stanno facendo interessanti passi avanti. Hanno sensori un po' più grandi rispetto ai francobolli delle compatte amatoriali; utilizzando meno pixel, assicurano maggior qualità soprattutto in condizioni di scarsa luce o ISO elevati; consentono maggiori controlli sui parametri di ripresa.

Tra i modelli al top della categoria ci sono sicuramente la Olympus XZ-1 e la Panasonic Lumix LX5. Le sto usando da qualche mese, anche per lavoro. Nei prossimi giorni posterò un po' di considerazioni, sia di carattere tecnico sia di usabilità a seconda delle condizioni di ripresa.

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Olympus XZ1 in versione nera e bianca.
Panasonic Lumix LX5 in versione nera e argento.
Un po' di libri sulla fotografia digitale.

Di tanto in tanto rinnovo la mia attrezzatura fotografica e metto in vendita del materiale. L'elenco aggiornato è disponibile qui.

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Musica del giorno: Cab Calloway.


Natalino Russo, Labico.

16 settembre 2011

Trasporto pubblico

Consultando la mappa dei mezzi pubblici. Berlino, 2011

"E mi raccomando, signora: il giorno dell'intervento si faccia accompagnare, perché non potrà guidare".

L'infermiere consegna alla donna la documentazione, la saluta con gentilezza, chiama il prossimo paziente. Una scena ordinaria, per un ospedale. Peraltro moderno, pulito, efficiente come il San Pietro di Roma. Strutture come questa aprono uno spiraglio nel panorama sconfortante dei servizi pubblici italiani. Finalmente un posto che funziona. È tutto in ordine, non ci sono cartelli scritti a mano e attaccati ai muri usando cerotti, le porte non sono tenute da lacci emostatici slabbrati, le sale d’attesa non sono puzzolenti e buie, le sedie non sono rivestite di scritte e riparate usando garze, i bagni sono puliti. Sembra finalmente di essere in Europa.

Fino a quella frase che l’infermiere, peraltro scrupoloso e cortese, ha detto congedandosi dalla paziente: “Si faccia accompagnare perché non potrà guidare”.
Una raccomandazione ordinaria, per un ospedale. Evidentemente non c’è altro modo di raggiungerlo se non usando l’automobile. O meglio: altri modi non sono contemplati nell’orizzonte mentale di quest’infermiere diligente, di questa signora degente e, purtroppo, nell’immaginazione della maggior parte degli italiani.


("Con l'espressione trasporto pubblico si intende l'insieme dei mezzi di trasporto e delle modalità organizzative che consentono ai cittadini di esercitare il proprio diritto alla mobilità servendosi di mezzi non di proprietà" - da Wikipedia).


Disco del giorno: Goodbike, Tetes de Bois.


Natalino Russo, Roma.

15 settembre 2011

Walter Bonatti (1930-2011)

Reinhold Messner parla di Walter Bonatti al Festival di Trento, 2011

Di ritorno da Berlino, come di consueto, ho sorvolato le Alpi. Era l’ora del tramonto. La luce radente evidenziava le nuvole colmandole di ombre scure. Il movimento dell’aereo le faceva spostare dolcemente. Vi si aprivano forre profonde e cupe, fugaci crepacci che cambiavano lentamente prospettiva, e sul cui fondo si vedevano le cime e le creste, rese anch’esse intense e vicine dalla luce di taglio. Le loro ombre affilate si proiettavano sulle valli sottostanti.

Viste dalla distanza di un aereo, queste montagne sono proprio piccole. Stanno lì, a portata di mano, facilmente raggiungibili, come tutti i luoghi del pianeta in cui si può arrivare volando. Stanno nel cuore del cosiddetto vecchio continente, a poche ore di macchina dalle principali città europee. Ma per chi ci va a piedi sono posti remoti, montagne tra le più difficili. Le montagne di una vita di uno dei più grandi alpinisti di tutti i tempi. Walter Bonatti, nato nel 1930, dedicò gli anni della sua gioventù a scalare montagne difficili, stabilendo primati incredibili. Non fu mai un agonista, eppure primeggiò spesso. Ancora giovanissimo, nel 1954 partecipò alla famosa (e famigerata) spedizione italiana al K2. In quell’occasione sopravvisse a una notte in alta quota, insieme ad Amir Mahdi. Della diatriba nata coi suoi compagni di spedizione, Compagnoni e Lacedelli, si è parlato a lungo.

Dopo la solitaria invernale sulla parete nord del Cervino, Bonatti, ancora trentacinquenne, lasciò l’alpinismo estremo per dedicarsi ai lunghi viaggi avventurosi, che raccontò in libri e reportage memorabili. Per tutta la vita, instancabilmente, ha continuato a inseguire luoghi lontani, a sognare gli spazi aperti e l’avventura come modo di essere.

Chi viaggia e racconta e scatta fotografie, anche se in posti meno difficili, deve molto a quest’uomo. Ma non c’è più tempo per ringraziarlo. Walter Bonatti se n’è andato. Aveva 81 anni e ancora tanti progetti.

Grazie Walter.


Libro del giorno: ovviamente quelli di Bonatti.


Natalino Russo, Roma.

13 settembre 2011

Fotografare

Berlino. Denkmal für die ermordeten Juden Europas

Oggi ero a zonzo per Berlino, al lavoro, sfruttando la coda d'estate che in questi giorni fa sì che pedalare in città sia proprio speciale. Avevo al collo la mia Panasonic Lumix LX5, e pensavo ai motivi per cui me ne vado in giro a scattare fotografie (per diletto, dico, oltre che per lavoro). Forse per capire quale sia il mio stile, cioè per comprendere meglio chi si cela da questa parte dell'obiettivo.

Credo che fotografare secondo uno stile, ovvero applicando quello che si ritiene di avere, sia un approccio sbagliato. Forse è meglio fotografare il più possibile, per poi scoprire, dopo anni o magari mai, se uno stile lo si possiede davvero. Ed eventualmente quale sia.

Ma tra una domanda e una pedalata, anche questo viaggio volge al termine. Domani si torna finalmente a casa, chiudendo un'estate di spostamenti continui. E dopodomani comincia il certosino lavoro di sistemazione di appunti e foto.


Disco del giorno: Zenyatta Mondatta, dei Police.


Natalino Russo, Berlino.

10 settembre 2011

Berlino tre


Sulla S-Bahn tra Südkreuz e Neukölln. Berlino 2011
In questa città comincio a sentirmi a casa. Tuttavia ogni volta che ci torno ho bisogno di un periodo di acclimatazione. Non al luogo in sé, ma a ciò che vi accade. Stamattina ho preso la S-Bahn sul ring, alla stazione di Südkreuz, per andare al mercatino che si tiene tutti i martedì e venerdì in Maybachufer, sulla riva sinistra del Landwehrkanal. Direzione antioraria, quindi, per cambiare a Hermannstrasse e prendere la U8 fino a Schönleinstrasse, praticamente in riva al canale.

In treno c’erano tre ragazze che allestivano set fotografici al volo. Una di loro, magra e alta, indossava una maschera bianca, e assumeva pose a comando. La seconda le scattava fotografie. La terza riprendeva tutto con una videocamera professionale. Lavoravano a qualche progetto artistico o pubblicitario. Alle fermate, gli altri passeggeri entravano e uscivano dal treno, osservavano la scena, sorridevano e passavano oltre. Le tre ragazze continuavano a lavorare indisturbate.

(Mi viene in mente un articolo pubblicato proprio in questi giorni dall’American Civil Liberties Union, ACLU, sui diritti dei fotografi nei luoghi pubblici. Molto istruttivo).

Io, da buon italiano, mi sono messo a guardare. Sicché ho saltato la mia fermata e sono sceso a Neukölln, per poi tornare indietro. Ma a Berlino non è certo un problema: i treni passano ogni pochissimi minuti, e una deviazione come questa non comporta alcun sacrificio. Provateci a Roma…

Mani che danno, mani che ricevono. Türkenmarkt im Maybachufer, Berlino 2011
U-Bahn Schönleinstrasse. Berlino 2011
In questi giorni sto provando un filtro antivento che mi ha spedito la Redhead Windscreens, chiedendomi di provarlo sul mio registratore audio. È rosso, molto carino. Sembra funzionare bene. Appena trovo il tempo faccio una recensione.


Disco del giorno: Live in Berlin di Sting (anche in versione Blu-ray).


Natalino Russo, Berlino.

6 settembre 2011

Prelievo fiscale


Il porto turistico di Talamone, Toscana

Sì, d’accordo: prelevare da chi ha tanto è più giusto che farlo da chi ha poco. Ricchi e ricconi imperversano indisturbati, evasori sfacciatamente evasivi, esibiscono Suv e barconi senza temere alcun controllo. E sarebbe ora di andare a prendere qualcosa anche da loro.

Ma c’è una cosa che, forse per la mia ignoranza, proprio non capisco: è possibile rilanciare un paese in crisi solo ricorrendo al prelievo fiscale e ai tagli? E se poi i tagli sono su istruzione, ricerca, innovazione e infrastrutture, be’, il mio dubbio diventa preoccupazione seria.


Disco del giorno: Nothing like the sun, di Sting.


Natalino Russo, Talamone (Toscana)

2 settembre 2011

Fuori fuoco

Al Bagno delle donne. Talamone, Toscana.
La settimana appena conclusa è trascorsa al mare, con spostamenti e sguardi a corto raggio. Pedali e letture. A volte la miopia fa comodo: sfili gli occhiali e ti ritrovi in un mondo ristretto, metti a fuoco soltanto ciò che è vicino. Isolato dal contorno, puoi finalmente concentrarti sulle cose che hai scelto. Ad esempio su un buon libro. Tra quelli caricati sul mio Kindle ne ho scelti due: Il quaderno di Saramago e I promessi sposi di Manzoni. Si è trattato di riletture.

Quello di Saramago è una raccolta di post che l'autore aveva pubblicato nel suo blog nel corso del 2008. Lo avevo seguito occasionalmente, ma mi mancava la versione completa. Quanto al secondo libro, be', non ha certo bisogno di presentazioni. L'ho riletto per la terza volta, e ho provato un segreto piacere man mano che entravo nei dettagli e nei personaggi di questa narrazione magistrale.

Forse è così che occorre fare coi grandi libri: riprenderli in mano ogni decina d'anni. Magari avendo cura, prima, di sfilare gli occhiali.  


Disco del giorno: Riccardo Tesi & Banditaliana.


Natalino Russo, Talamone (Toscana).